Terapia Decongestiva nel Lipolinfedema

La Terapia Fisioterapica Decongestiva (TFD) come suggerito dal Consensus Document della Società Internazionale di Linfologia rappresenta il trattamento di prima linea per la gestione nel tempo dell’edema cronico. Consiste nell’applicazione sinergica di più tecniche fisioterapiche con l’obiettivo di ridurre il volume e la consistenza tessutale degli arti interessati.

La sua applicazione nel suo complesso, trova indicazione come già anticipato nel capitolo “Fisioterapia e Lipedema”, in tutti quei casi, dove la patologia di base si complica con la sovrapposizione di un edema linfatico configurando il quadro clinico di Lipolinfedema.

Il linfedema rappresenta una patologia cronica, di non facile controllo, con una spiccata tendenza all’evoluzione spontanea. Sul piano fisiopatologico è caratterizzato da un edema interstiziale a elevata concentrazione proteica conseguenza della ridotta capacità di trasporto del sistema linfatico. I distretti anatomici interessati possono presentarsi aumentati in volume e consistenza in misura variabile secondo lo stadio clinico evolutivo che li caratterizza. Qualora trascurato può determinare un incremento del volume dell’arto fino ad arrivare a deformità dello stesso con pesanti risvolti psico-sociali e possibili complicanze infettive.

Arrestare la cascata evolutiva verso un danno organico irreversibile di tipo lipo-fibrotico dovrebbe rappresentare l’obiettivo primario di qualsiasi strategia terapeutica adottata.

TFD in tre fasi

Nella pratica clinica, la TFD è per lo più attuata in tre fasi:

1. intensiva

La prima detta intensiva, a breve termine, della durata media di due settimane, risente fortemente della stadiazione clinica del Lipolinfedema e delle condizioni cliniche del paziente. È erogata per lo più in setting ambulatoriale e reclama l’applicazione giornaliera di più provvedimenti fisici quali l’igiene e la cura della cute, il bendaggio compressivo multicomponente, il linfodrenaggio manuale, la compressione pneumatica intermittente e l’esercizio muscolare. Scopo delle attività proprie della prima fase è la massima riduzione possibile dell’edema e della consistenza tessutale degli arti interessati fino a pitting-test negativo. Per soddisfare questi obiettivi è importante la personalizzazione della fase intensiva sia in termini di durata sia di frequenza; un ciclo troppo breve non consente di arrestare significativamente l’evoluzione in senso fibrotico dell’edema, al contrario un ciclo troppo lungo o sviluppato non in modo intensivo spreca risorse caricando il paziente anche in termini di qualità di vita. Per un uso mirato dei singoli elementi che insieme costituiscono la TFD, basato sulle prove di efficacia e adeguato alle condizioni cliniche del paziente, è necessario affidarsi a un team interprofessionale con una formazione linfologica specifica. Conviene ora descrivere questi interventi uno per volta.

Prima di iniziare il trattamento è necessario assicurarsi che l’arto non presenti infezioni. Un’adeguata detersione, pulizia e protezione della cute prevengono l’insorgenza o l’eventuale aggravarsi degli episodi infettivi locali. La cute può essere protetta tramite prodotti per uso topico che mantengano il pH del film idrolipidico cutaneo. E’ questo un atto a volte sottovalutato e privato del suo importante valore preventivo.

Il metodo si esprime attraverso alcune manipolazioni specifiche che, applicate sulla cute del paziente, si propongono di accelerare o eventualmente ripristinare il flusso linfatico verso determinate direzioni. La sua efficacia è stata negli ultimi anni comprovata da numerosi studi clinici effettuati tramite la linfofluoroscopia con verde indocianina; la visualizzazione della rete linfatica superficiale ancora funzionate consente una personalizzazione della stimolazione manuale aumentandone al tempo stesso l’efficacia.

In casi selezionati, ad integrazione della stimolazione manuale, può essere utilizzata la compressione pneumatica intermittente; consiste in un dispositivo collegato a bracciali o gambali a più settori, che si gonfiano in modo intermittente a intervalli prestabiliti, con valori pressori variabili in funzione della stadiazione del Lipolinfedema, consentendo una progressione della linfa in senso fisiologico, disto-prossimale.

Il BCM è il pilastro di tutta la fisioterapia decongestiva; in associazione all’esercizio muscolare di tipo isotonico rappresenta il binomio vincente per la riduzione dell’edema, senza il quale l’applicazione delle metodiche prima menzionate sarebbe del tutto inefficace. Per sfruttare al meglio gli effetti del BCM (effetto meccanico, termico e biologico), è preferibile utilizzare bende a corta estensibilità; al di sotto, utile il posizionamento di un ulteriore stratificazione con materiali da sotto bendaggio quali bende di schiuma poliuretanica di spessore variabile. Il BCM così confezionato, oltre a garantire una pressione decrescente in senso disto-prossimale con intensità variabile in funzione della gravità del Lipolinfedema, offre un alto indice di stiffness con alte pressioni di lavoro accanto a basse pressioni di riposo. L’associazione con l’esercizio muscolare determina un’amplificazione dello stimolo drenante proprio della terapia compressiva.

2. stabilizzazione

La seconda fase detta di stabilizzazione, a medio termine, della durata variabile prevede l’applicazione giornaliera (da parte del paziente) dell’indumento elastocontenitivo (calze o maniche standard o su misura, a maglia piatta). Quando l’edema è stato ridotto a sufficienza, esiste una sequenzialità diretta tra la prima e la seconda fase del trattamento. Poiché l’effetto della contenzione è ottimale solo se associata al movimento, è necessario che il paziente collabori effettuando movimenti attivi. Durante questa fase il paziente ha bisogno di un attento monitoraggio per verificare l’appropriatezza del tutore elastocontenitivo prescritto.

3. mantenimento

La terza fase, a lungo termine, è finalizzata al mantenimento dei risultati raggiunti. L’applicazione giornaliera dell’indumento elastocontenitivo si associa in questa fase al self-management e all’educazione terapeutica. Il rispetto di adeguati stili di vita consente una maggiore responsabilizzazione del paziente verso la gestione della sua patologia cronica e di conseguenza un migliore controllo evolutivo della malattia. Numerose evidenze scientifiche ci confermano che un controllo alimentare e la pratica costante di attività fisica sono fattori importanti nel controllo del linfedema che vede nell’aumento del peso e nella sedentarietà due tra i principali fattori di rischio. E’ necessario pertanto sensibilizzare i pazienti ad attuare adeguati stili di vita che comprendano anche la pratica di una regolare attività fisica. E’ anche vero che, in ambito linfologico, uno degli argomenti più controversi è proprio l’opportunità o meno di praticare delle attività fisiche e sportive. Un arto a rischio o affetto da linfedema non deve essere sollecitato meno degli altri purché si presti attenzione ad alcuni principi fondamentali come ad esempio, utilizzare l’indumento elastocontenitivo durante l’esercizio qualora il linfedema sia già manifesto, e seguire un programma di attività controllato e graduale. E’ molto importante che l’attività fisica sia personalizzata, “ritagliata su misura”, né in eccesso né in difetto, tale da provocare i giusti adattamenti da parte dell’organismo.

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